Ro-sa-li-na, Ro-sa-li-na, tutto il giorno in bicicletta e quando è seeeera seeeera, ti sento masticare, e quando è seeera seeera, ti ammazzi con i bignè…
Così cantava Fabio Concato (se la vuoi ascoltare clicca qui) in una delle sue canzoni di qualche anno fa…beh devo dirvi che ciascuno di noi è un po’ Rosalina a suo modo.
C’è chi è più Rosalina con i bignè per l’appunto, e c’è chi invece è più Rosalina quando si parla di pizze, pizzette e patatine. Ognuno ha il cibo dei momenti tristi, ognuno affonda il suo dolore, la rabbia, la disillusione o peggio la delusione nel cibo, o per lo meno qualche volta l’ha fatto.
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Perchè ci consoliamo con il cibo?
Mangiare è infatti una delle consolazioni più facili, per questo, spesso diamo a quello che scegliamo di mangiare significati emozionali oltre a quello di una mera funzione nutritiva.
Credo che nessuno di voi infatti abbia mai sentito di qualcuno che compensa le sue giornate no con il finocchio o con le carote (tranne se costretto dalla dieta).
Ma allora perché quando abbiamo bisogno di una coccola la cerchiamo negli zuccheri o nella pizza?
Il cervello funziona rilasciando dei neurotrasmettitori, sostanze chimiche di cui si servono i neuroni (cellule cerebrali) per comunicare tra loro e che successivamente al loro rilascio, attivano una risposta cellulare specifica (contrazione del muscolo, digestione etc.).
Tra questi neurotrasmettitori, ce ne sono alcuni che regolano anche la nostra risposta emozionale, la serotonina e la dopamina sono due dei più importanti. Entrambi disciplinano il tono dell’umore, la serotonina ci dice se siamo tristi, la dopamina ci informa del grado di piacere che proviamo facendo una determinata azione.
Cosa sono i circuiti della ricompensa?
La dopamina in particolare è responsabile dell’attivazione di quelli che si chiamano circuiti della ricompensa che veicolano il piacere trasmesso dal cibo e da tutto ciò che ci fa provare soddisfazione o sensazioni di gioia e appagamento; dunque, nella fattispecie funzionerebbe così:
Sono triste, deluso, arrabbiato, non voglio provare questa sensazione, ho bisogno di trovare un po’ di pace, forse mangiando qualcosa che mi piace mi sentirò meglio, ne ho bisogno.
Vado a cercare quell’alimento, lo mangio, il cervello comincia a rilasciare dopamina e attiva i centri del piacere, il mio corpo si sente appagato e pian piano anche la mia mente, per essere sicuro di non far diminuire la sensazione, posso anche scegliere di mangiarne ancora, solo un altro pezzo di torta, un altro cioccolatino, la storia si ripete nel mio cervello ed io sto davvero meglio.
Quando il cibo è una dipendenza
C’è un però…c’è sempre un però, questa sensazione oltre ad essere temporanea ha creato un apprendimento: OGNI VOLTA CHE MI SENTO TRISTE O ARRABBIATO OPPURE HO BISOGNO DI UNA COCCOLA, MANGERÒ’ QUESTO CIBO E MI SENTIRÒ’ MEGLIO.
Ecco quindi che si crea una sorta di dipendenza, quell’alimento che mi ha fatto stare meglio mi aiuta e quindi continuerò a mangiarlo per stare bene, questo tipo di atteggiamento può assumere contorni più o meno gravi a seconda della quantità che ne ingeriamo.
Tra tutti i cibi pericolosi dei quali non riusciamo a fare a meno, i più pericolosi sono gli zuccheri. Recenti studi hanno infatti dimostrato che picchi di glucosio ed insulina aumentano la produzione di dopamina, con la conseguente attivazione dei circuiti del piacere e quindi quel bignè potrebbe diventare la mia “droga”(sappiate che gli zuccheri stimolano anche i recettori degli oppioidi) e pian pano invece di uno, potrebbero diventare due, quattro, otto e così via, che se non riuscirò ad introdurre nel mio corpo mi faranno sentire triste e poco appagato.
Sgarro alla dieta
Ora…ci sono persone che controllano la loro dipendenza, cercano quindi di inserire questi cibi nella loro alimentazione, rinunciando ad altri per non superare il proprio fabbisogno giornaliero.
Se credono di averlo fatto, aumentano l’attività sportiva (per espiare la sensazione di colpa) o mangiano meno il giorno dopo per attuare una compensazione.
Ci sono persone che invece non riescono a farlo e quindi introducono il cibo per il fabbisogno giornaliero, più quello che dà “soddisfazione” (carboidrati compresi) avvicinandosi così, a grandi passi, verso il tanto temuto sovrappeso. E quindi? Come ne usciamo?
Da un punto di vista nutrizionale ci sarebbe da preferire quei cibi che per la loro composizione contengono i precursori della dopamina, sono in grado cioè di stimolarne la produzione, uno di questi è la carne, poi ci sono la frutta e soprattutto la frutta secca (agli arachidi non ci pensate proprio) che nel cervello funziona come lo zucchero, ovviamente senza abusarne.
L’attività fisica può aiutarvi, spingetevi a muovere i deretani, alla fine dell’esercizio fisico vi sentirete appagati come dopo aver mangiato dei cioccolatini, senza sentimenti di colpa.
Da un punto di vista psicologico purtroppo devo dirvi che se il cibo rappresenta per voi una consolazione, o l’unica fonte di appagamento, è probabile che stiate vivendo una vita con pochi stimoli, oppure c’è qualcosa che non vi soddisfa e non siete ancora riusciti a capire cosa sia. Questa è la prima cosa su cui fare un po’ di luce, pensate a cosa state rinunciando, pensate alla vostra vita, cercando di comprendere se vi somiglia il modo in cui la state vivendo, cercate il perché della vostra disposizione d’animo negativa che ha bisogno di consolazione.
Esercizio per imparare ad ascoltare il proprio corpo
Vi propongo un semplice esercizio per stimolare la vostra parte più profonda ad indicarvi la via.
Come sempre cercate un momento tranquillo in cui possiate dedicarvi a voi stessi senza interruzioni o disturbi, mettetevi comodi nella vostra stanza preferita…distendetevi o sedetevi in maniera tale da non avere muscoli contratti, fate attenzione soprattutto che non lo siano i muscoli del collo.
Inspirate profondamente ed espirate, chiudete gli occhi.
Cercate di sentire il peso del vostro corpo sulla superficie d’appoggio, concentratevi su questo e su nient’altro, se avete pensieri intrusivi lasciateli passare senza fare in modo che attirino la vostra attenzione.
Lo schermo della vostra vita
Immaginate di vedere uno schermo bianco in cui passano le immagini, passano ma non si fermano.
Date la possibilità alla vostra mente di proporvi delle immagini in cui fate qualcosa che vi rende felice, in cui non vi accorgete dello scorrere del tempo.
Possono essere immagini del vostro passato, oppure addirittura di quando eravate bambini, quando “avete visto” fate scorrere sullo stesso schermo le immagini della vostra vita attuale….guardatevi vivere.
Quando l’avete fatto, aprite gli occhi e rimanete all’ascolto di voi stessi senza cercare di rimettervi subito a fare qualcosa, ascoltatevi, il vostro inconscio cercherà di darvi dei suggerimenti, se non in quel momento nei giorni che verranno, se ne avete bisogno ripetete l‘esercizio tutte le volte che volete, e se dovesse venirvi il nodo in gola, non preoccupatevi, lasciatevi andare le emozioni hanno bisogno di essere vissute, non ingoiate, anche se sembrano negative…fidatevi delle intuizioni, lasciate che la parte più profonda di voi vi conduca sulla vostra strada, quella che solo voi potete percorrere.
Vi auguro intuizioni a profusione e mi auguro che tutto questo funzioni dentro di voi come il grido più forte che abbiate mai sentito, servirà a svegliarvi dal vostro torpore, se ci siete caduti dentro.
Ah dimenticavo..la canzone di Fabio Cocato ad un certo punto diceva anche che le magre sono tristi, donne, dico a voi….non vi fate fregare!
Baci senza cioccolato a tutti!
Dott.ssa G. Ventura